08/02/15
Studio italiano conferma potere antiage della proteina Creb1. Si produce se si assumono meno calorie. Più salute per la gente e anche per il pianeta.
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Sostanze tossiche nei vestiti: grandi marche denunciate da Greepeace
Greenpeace non perde tempo e, a poca distanza dalla battaglia stellare contro le emissioni di Volkswagen, pubblica un nuovo report di denuncia “Dirty Laundry 2”, nel quale accusa i grandi marchi di utilizzare nelle proprie produzioni sostanze chimiche pericolose per la salute umana, tra i quali i nonilfenoli etossilati.
I nomi interessati dalla denuncia fanno tremare il mondo della moda, perché si parla di Adidas, Uniqlo, Calvin Klein, Li Ning, H&M, Abercrombie & Fitch, Lacoste, Converse e Ralph Lauren, tutte multinazionali che hanno spostato le basi produttive in Cina, Filippine e Malesia, paesi in cui è sempre più difficile ottenere controlli serrati sui metodi di produzione e sulle condizioni di lavoro.
 
«I nonilfenoli - ha spiegato la portavoce di Greenpeace, Li Yifang, - possono contaminare la catena alimentare ed essere assunti dagli organismi viventi, minacciando così la loro fertilità, il loro sistema di riproduzione e la loro crescita. Non è solo un problema legato ai Paesi in via di sviluppo, dove vengono fabbricati i tessuti - ha aggiunto l’esperta - quantità residue di Npeo vengono rilasciate ogni volta che i vestiti vengono lavati e si diffondono anche nei Paesi dove l'uso di queste sostanze chimiche sono vietate».
 
È di soli 30 giorni fa, infatti, la pubblicazione di “Dirty Laudry”, primo dei due report, accompagnato dalla campagna Detox di Greenpeace, volta proprio ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sui materiali tossici utilizzati da alcune aziende tessili nella produzione di abiti e accessori firmati.
 
Nel mirino, in particolare, Nike e Adidas, ritenute collegate alle attività industriali di due colossi cinesi impegnati nel settore tessile: Youngor Textile Complex e  Well Dyeing Factory Limited. «Le industrie tessili moderne - spiega l'associazione - da tempo hanno cominciato a spostare i propri impianti da un Paese a un altro con l’unico obiettivo di ridurre i costi di produzione. Questo settore impiega molte sostanze chimiche pericolose durante varie fasi del processo produttivo, come tinteggiatura, lavaggio, stampa dei tessuti: la produzione tessile è considerata fra le maggiori cause dell’inquinamento delle acque cinesi».
 
Greenpeace ha prelevato campioni di acqua presso gli scarichi delle due industrie orientali, rispettivamente situati lungo il delta del fiume Yangzte, risorsa idrica che fornisce acqua potabile a circa 20 milioni di persone, e lungo il fiume delle Perle: i risultati delle analisi hanno confermato la presenza di alchilfenoli e composti perfluorurati, pericolosi perché alterano il sistema ormonale dell’uomo e agiscono anche a basse concentrazioni. Trovati anche metalli pesanti come cromo, rame e nichel.
 
La posizione dell’associazione ambientalista è chiara: il fatto che la Cina non abbia ancora adottato una legislazione idonea a gestire l’uso e il rilascio di composti pericolosi nell’ambiente, non legittima le due multinazionali a non curarsi dell’impatto nocivo delle proprie attività, soprattutto considerando che Nike e Adidas acquistano prodotti cinesi per i propri prodotti sportivi, contribuendo pesantemente a tali scarichi tossici.
 
«Se le aziende vogliono risolvere davvero il problema – spiega Greenpeace - devono prima di tutto adottare una chiara politica chimica, fatta di monitoraggi periodici e scadenze precise, per ridurre e infine eliminare l’uso di composti pericolosi lungo l’intera catena di rifornimento».

tratto da gogreen
 




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